giovedì 2 luglio 2015

Alla resa dei conti

Domenica prossima in Grecia si terrà un referendum che in pratica è una risposta secca se proseguire il cammino europeo o no.
C'era da immaginarselo che sarebbe andata a finire così dopo quasi sei mesi di costante tira e molla, e dei piani alternativi  presentati dal governo greco e sempre respinti non si sa bene perchè. Ora sta al popolo greco erede di uno dei popoli più avanzati dell'area mediterranea, decidere se accettare i nuovi ricatti della ex troika (che nel frattempo a mutato nome ma non le intenzioni), oppure dire chiaro e tondo che ormai non ha più senso continuare.
Nel frattempo i mercati spargono paura e gli investitori cercano un comodo rifugio ai loro capitali (fatti chissà come) mentre da Bruxelles arriva l'accusa nei confronti della Grecia di aver tradito tutti e fatto a modo suo proprio dalla voce della cancelliera tedesca Merkel che, non ricorda che la Germania nel 1953, fallita economicamente, suppllicò gli anglo- americani di dimezzare il mostruoso debito di guerra accumulatosi più interessi. Il Congresso di Londra accettò di buon grado; la Germania era ormai denazificata e aveva intrapreso un percorso di democratizzazione accettabile. La verità in realtà non era solo questa. L'Urss di Stalin, in possesso dell'arma atomica era una minaccia pericolosissima a mezzo passo dalle potenze "democratiche" filo occidentali, dunque serviva un cuscinetto forte, economico, industriale che arginasse la marea rossa agli ordini di Mosca. Non solo, il processo di democratizzazione, non fu spontaneo in Germania, fu imposto dagli alleati al termine del conflitto con il processo di denazificazione che ebbe anche momenti grotteschi. Tutto ciò contrariamente a quanto avvenuto in Grecia, che pur avendo subito la dittatura dei colonnelli è riuscita a intraprendere da sola il processo di democrazia indispensabile.
La situazione finanziaria della Grecia non è e non può essere ascritta solo al popolo greco che, nei decenni passati ha eletto governanti che tradendo il mandato ottenuto hanno trascinato il Paese nelle condizioni in cui si trova e in cui è schiacciato per colpa degli organismi internazionali creditori che hanno imposto misure finanziarie mortali.
Dunque succeda quello che deve succedere, e non si tenti di manipolare il voto o spargere terrorismo psicologico, perchè se già una volta il premier greco Papandreu è stato silurato, dopo l'intenzione di indire un referendum se uscire o no dall'Euro, in quanto ricattabile, non lo è Tsipras che sforzandosi di mantenere le promesse elettorali concede al popolo greco di esprimersi, contrariamente agli ordini di Bruxelles.
E allora si voti, "No" ovviamente, non per pura ideologia ma per spianare la stada ad altri abbandoni più sostanziosi (tranne l'Italia....) di Paesi che non accettano le misure economiche di Bruxelles e sotterrare tra le rovine questa Europa di criminali finanziari e di una UE lontanissima da quanto sperato della collaborazione e solidarietà tra stati e popoli. Muoia Sansone con tutti i filistei, si sarebbe detto, e allora vinca il NO. "No, no, no," le tre negazioni espresse dalla Teachter per manifestarer la sua contrarietà all'ingresso della Gran Bretagna in Europa. Indietro non si torna e vedremo col "No" quali saranno i debiti da saldare e chi li dovrà saldare, magari si tratterà dello stesso creditore che in realtà è pieno di debiti.

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