Dovevo aspettarmi una notizia simile, ma sinceramente, leggendola, sono comunque disgustato.
Fabrizio Corona l'ex re del gossip condannato a 13 anni di carcere (ridotti poi a nove), è stato scarcerato dal carcere di Opera e sarà affidato all'associazione fondata e gestita da don Mazzi.
Non c'è proprio nulla da fare, un Paese ridotto sul lastrico non riesce neanche a mantenere un simulacro di serietà applicando rigorosamente la legge, lasciandosi commuovere dome una donnetta dal "grido di dolore" di mamma Corona e figlio che gridavano a mezza Italia non tanto l'innocenza del condannato (in quanto era imputato per una montagna di reati) quanto per la salute cagionevole di Fabrizio, a loro dire incompatibile col carcere per via degli attacchi di panico. Chissà da dove saranno spuntati gli attacchi di panico, visto che l'ex manager dello scandalismo spiccio, di attacchi, prima dell'arresto, gli aveva dati solo di arroganza e di sfuriate nei talk show.
Ci si perde oggi, nel commentare la notizia magari, affermando che, la condanna a Corona era ingiusta in rapporto a come sono trattati delinquenti comuni, come se la colpa fosse esclusivamente del magistrato e non dei vari governi che hanno reso una barzelletta l'applicazione delle sanzioni (non) previste.
Del resto forse non dovrei essere neanche così disgustato visto che questà è solo l'ultima di una serie di figuracce fatte dal nostro Paese nei confronti di tutto e di tutti, come se, l'Italia fosse una sorta di scemo del villaggio, cui piace essere presa a calci e pugni dai suoi concittadini felici di manovrare un simile allocco.
Volendo spolverare vecchie figuracce internazionali dobbiamo partire da lontano.
La seconda guerra di Indipendenza fu vinta, per così dire, solo grazie all'aiuto decisivo della Francia Napoleonica convinta a entrare in guerra contro l'impero asburgico, non tanto per l'intelligenza diplomatica di Cavour, quanto per la puttanaggine della contessa di Castiglione, Virginia Oldoini, come dire nome omen... non solo, la Francia Napoleonica, a dispetto degli accordi, voltandoci giustamente le spalle si accordò per una pace separata con Francesco Giuseppe. Risultato Lombardia ceduta alla Francia (come accadrà al Veneto sette anni più tardi), che viene rigirata al Regno di sardegna.
Non bastanti le due di indipendenza, a unificazione quasi completata, il nosto "bel paese" alleandosi con la Prussia di Bismarck, dichiara nuovamente guerra all'Austria. Finale tragicomico: sconfitti e in rotta a Custoza, veniamo affondati a Lissa prendendoci anche lo scherno dell'ammiraglio austriaco che afferma "Uomini di ferro su barche di legno sconfiggono navi di ferro guidate da teste di legno". Una riedizione della frase di Metternich dell'Italia espressione geografica.
Della prima guerra mondiale neanche a parlarne, all'indomani della rotta di Caporetto il comando italiano viene chiamato davanti a quello franco-inglese neanche si trattasse di uno scolaretto discolo. Costretti a cambiare capo di stato maggiore e vincere la guerra grazie anche alla spinta alleata.
La seconda guerra mondiale è cosa risaputa e i gesti di supposto eroismo affogano nell'armata brancaleone con in mano le schioppe di trent'anni prima.
Gli ultimi anni sono una goliardica storia recente: governi che cadono tra le urla di giubilo di parlamentari che festeggiano a champagne e mortadella, presidenti del consiglio che si abbandonano nelle ville a feste burlesque, ministri incapaci che compiono gaffe a ripetizione, un elettorato idiota che però vota convintamente gli stessi imbecilli. Chi si somiglia si piglia.
Per tacere dei compitini europei spediti e imposti dalla UE e dalle risate dei presidenti francese e tedesco sulla serietà di questo Paese.
Non c'è nulla da stare allegri, se mai ci fosse stato qualche motivo. La canaglia avente diritto si ostina a eleggere i soliti idioti che da idioti commettono idiozie, come sono idiozie quelle vomitate per commentare il giubilo suscitato dalla scarcerazione di Corona.
Aveva ragione quell'ammiraglio austriaco che dopo la battaglia di Lissa, ci definì teste di legno su barche di ferro, una barca di ferro, simile a un vecchio stivale che imbarca acqua , o meglio la perde come un tubo di fogna rotto.
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