domenica 14 giugno 2015

L'eco dell'ignoranza.

Rieccomi qui a scrivere sulle nuove uscite di Papa Bergoglio, forse non tanto su di lui, quanto degli ignoranti che bevendo tutto ciò che si dice, con il senso critico sotto terra, esultano per le frasi pompate ad arte.
Riepiloghiamo. Qualche giorno fa, di ritorno da una visita in Bosnia, il pontefice, intrattenendosi con alcuni giornalisti, sull'aereo, ha lanciato affermazioni che, per alcuni sono state un pugno allo stomaco, quando in verità si tratta, in ultima analisi di un richiamo. Le frasi incriminate sono le seguenti: "La chiesa non ha bisogno di veggenti e neanche di messaggi alle quattro del pomeriggio." "Non affogate la fede in un religione soft" un richiamo non tanto velato al "caso" Medjugorje cui la Chiesa nonostante alcuni anni passati nello studiare accuratamente il caso, non si è pronunciata. Le frasi di Bergoglio hanno, giustamente scatenato una diatriba tra  feroci denigratori dell'ultima sede mariana, e convinti sostenitori, oltre che un ginepraio di vuote parole e opinionisti parolai.
Leggendo attentamente le frasi del pontefice, non si trova nulla di strano, ne di scandaloso, dichiarando che alla Chiesa non servono, per esistere, veggenti, che in realtà, quando riconosciuti come tali, sono solo mero strumento per diffondere il messaggio. Forse più discutibile potrebbe essere la frase sui messaggi inviati alle quattro del pomeriggio.
Non è un mistero che la principale "veggente" di Medjugorje si presenti puntualmente ogni due di gni mese per ricevere presunti messaggi mariani. Ovviamente per chi si sofferma sul fatto delle coincidenze, si potrebbe obiettare che, nel passato non tanto remoto, i veggenti ricevevano i messaggi con una certa puntualità e quasi sempre allo stesso posto e che, i messaggi, analizzandoli, non pare essere cambiati di una virgola.
Per chi invece ragiona più profondamente, il Papa richiama il "gregge" nel non badare e nel non dare importanza a quando e dove il messaggio viene comunicato, ma alla sua natura, al suo significato profondo.
Le frasi del pontefice hanno siscitato reazioni da parte di convinti sostenitori della località bosniaca, come l'ex presentatore e inviato Paolo Brosio che ha affermato che a Medjugorje si sono compiuti e si compiono, quasi quotidianamente, eventi inspiegabili come guarigioni da malattie impossibili, conversioni e su come nella località i fedeli recitino devotamente preghiere, compiono digiuni, pregano il rosario etc. Ci mancherebbe altro, verrebbe da dire, le parole del papa non si riferivano al comportamento tenuto all'interno della località su cui la Chiesa esita a esporsi ufficialmente, quanto al richiamno stesso al fedele nel non cadere nel materialismo del come e del quando viene comunicato il messaggio.

Siccome i media non contenti di scribacchiare stupidaggini sono alla ricerca di frasi ad effetto, pare abbiano trovato (epurando parte del contenuto intrinseco) l'Uomo della Provvidenza. Nuova dichiarazione del papa: "La chiesa è pronta a fissare una data comune per la celebrazione della Pasqua". Apriti cielo. I media ignoranti pompano la notizia facendola passare per una svolta epocale, l'eco dell'ignoranza raggiunge l'acme, un punto di non ritorno, uno squallido nirvana.
Sembrerebbe che ortodossi e cattolici facciano apposta a non celebrare insieme la Pasqua per via dello scisma (a proposito, chi lo sa?) mai ricomposto cui pendevano su entrambi, fino al 1965, le scomuniche ufficiali comminate quasi mille anni prima.
In realtà le cose stanno diversamente, ma i media, strumento di lurido mercato, non si dilungano in spiegazioni perchè il prodotto (la notizia) non sarebbe appetibile sul mercato e resterebbe invenduta.
La Pasqua è una festa mobile fin dal primo Concilio di Nicea del IV secolo d.C. convocato dall'imperatore Costantino (l'uomo del "in hoc signo vinces" prima della battaglia di Ponte Milvio) in cui si stabili che fosse celebrata e festeggiata la prima settimana dopo il primo plenilunio dell'equinozio di primavera fissato il 21 marzo, dunque sarebbe un po' difficile rifare tutto da capo senza neanche convocare un Concilio apposito che metta d'accordo ortodossi e cattolici.
Punto secondo, la differenza nei tempi di celebrazione è molto più pratica: gli ortodossi hanno ancora in vigore il vecchio calendario giuliano, mentre i cattolici utilizzano dal 1584 il calendario Gregoriano. Il nome dell'attuale calendario deriva dal Papa Gregorio XIII che, con una squadra di scienziati, si rese conto che il calendario giuliano, per la sua conformità aveva accumulato dall'anno del suo utilizzo (46 a.C.) al 1584 un ritardo, nel fissare la date dell'equinozio di ben dieci giorni e che, dunque continuando  ad utilizzare, il vecchio calendario si sarebbe dovuta celebrare la Primavera e la pasqua in piena estate. Il nuovo pontefice corresse con gli studiosi matematici e astronomi,l'errore portando in avanti di dieci giorni il nuovo anno e abbandonando il vecchio calendario giuliano per quello, per l'appunto gregoriano.
Ciò influì ovviamente sui rispettivi tempi di celebrazione della Pasqua. Quello che è stata una affermazione di ottimismo si è trasformata in una svolta epocale, quando in realtà gli ostacoli da superare sono tutti in piedi. Basterà fissare una data comune per la riappacificazione e la riunione? saranno disposti gli ortodossi a passare al calendario gregoriano, magari mettendo da parte il non riconoscimento del primato petrino? E poi il papa come pensa di proseguire? Chi convincerà gli ortodossi sulla questione del filioque? E sulla Trasunstanziazione? Facile, far credere agli ignoranti di ogni ceto sociale che basta una affermazione per una svolta epocale, in relatà, le differenze sono tante e solo gli stupidi non se ne accorgono, come quanto spiegato sopra.
I tempi sono quelli che sono e il mercato, anjche quello giornalistico, ha deteriorato la qualità dell'informazione e del sapere per sposare il guadagno e il profitto.

Nessun commento:

Posta un commento