giovedì 18 giugno 2015

La fogna del Mediterraneo.

Dovevo aspettarmi una notizia simile, ma sinceramente, leggendola, sono comunque disgustato.
Fabrizio Corona l'ex re del gossip condannato a 13 anni di carcere (ridotti poi a nove), è stato scarcerato dal carcere di Opera e sarà affidato all'associazione fondata e gestita da don Mazzi.
Non c'è proprio nulla da fare, un Paese ridotto sul lastrico non riesce neanche a mantenere un simulacro di serietà applicando rigorosamente la legge, lasciandosi commuovere dome una donnetta dal "grido di dolore" di mamma Corona e figlio che gridavano a mezza Italia non tanto l'innocenza del condannato (in quanto era imputato per una montagna di reati) quanto per la salute cagionevole di Fabrizio, a loro dire incompatibile col carcere per via degli attacchi di panico. Chissà da dove saranno spuntati gli attacchi di panico, visto che l'ex manager dello scandalismo spiccio, di attacchi, prima dell'arresto, gli aveva dati solo di arroganza e di sfuriate nei talk show.
Ci si perde oggi, nel commentare la notizia magari, affermando che, la condanna a Corona era ingiusta in rapporto a come sono trattati delinquenti comuni, come se la colpa fosse esclusivamente del magistrato e non dei vari governi che hanno reso una barzelletta l'applicazione delle sanzioni (non) previste.
Del resto forse non dovrei essere neanche così disgustato visto che questà è solo l'ultima di una serie di figuracce fatte dal nostro Paese nei confronti di tutto e di tutti, come se, l'Italia fosse una sorta di scemo del villaggio, cui piace essere presa a calci e pugni dai suoi concittadini felici di manovrare un simile allocco.
Volendo spolverare vecchie figuracce internazionali dobbiamo partire da lontano.
La seconda guerra di Indipendenza fu vinta, per così dire, solo grazie all'aiuto decisivo della Francia Napoleonica convinta a entrare in guerra contro l'impero asburgico, non tanto per l'intelligenza diplomatica di Cavour, quanto per la puttanaggine della contessa di Castiglione, Virginia Oldoini, come dire nome omen... non solo, la Francia Napoleonica, a dispetto degli accordi, voltandoci giustamente le spalle si accordò per una pace separata con Francesco Giuseppe. Risultato Lombardia ceduta alla Francia (come accadrà al Veneto sette anni più tardi), che viene rigirata al Regno di sardegna.
Non bastanti le due di indipendenza, a unificazione quasi completata, il nosto "bel paese" alleandosi con la Prussia di Bismarck, dichiara nuovamente guerra all'Austria. Finale tragicomico: sconfitti e in rotta a Custoza, veniamo affondati a Lissa prendendoci anche lo scherno dell'ammiraglio austriaco che afferma "Uomini di ferro su barche di legno sconfiggono navi di ferro guidate da teste di legno". Una riedizione della frase di Metternich dell'Italia espressione geografica.
Della prima guerra mondiale neanche a parlarne, all'indomani della rotta di Caporetto il comando italiano viene chiamato davanti a quello franco-inglese neanche si trattasse di uno scolaretto discolo. Costretti a cambiare capo di stato maggiore e vincere la guerra grazie anche alla spinta alleata.
La seconda guerra mondiale è cosa risaputa e i gesti di supposto eroismo affogano nell'armata brancaleone con in mano le schioppe di trent'anni prima.
Gli ultimi anni sono una goliardica storia recente: governi che cadono tra le urla di giubilo di parlamentari che festeggiano a champagne e mortadella, presidenti del consiglio che si abbandonano nelle ville a feste burlesque, ministri incapaci che compiono gaffe a ripetizione, un elettorato idiota che però vota convintamente gli stessi imbecilli. Chi si somiglia si piglia.
Per tacere dei compitini europei spediti e imposti dalla UE e dalle risate dei presidenti francese e tedesco sulla serietà di questo Paese.
Non c'è nulla da stare allegri, se mai ci fosse stato qualche motivo. La canaglia avente diritto si ostina a eleggere i soliti idioti che da idioti commettono idiozie, come sono idiozie quelle vomitate per commentare il giubilo suscitato dalla scarcerazione di Corona.
Aveva ragione quell'ammiraglio austriaco che dopo la battaglia di Lissa, ci definì teste di legno su barche di ferro, una barca di ferro, simile a un vecchio stivale che imbarca acqua , o meglio la perde come un tubo di fogna rotto.

domenica 14 giugno 2015

L'eco dell'ignoranza.

Rieccomi qui a scrivere sulle nuove uscite di Papa Bergoglio, forse non tanto su di lui, quanto degli ignoranti che bevendo tutto ciò che si dice, con il senso critico sotto terra, esultano per le frasi pompate ad arte.
Riepiloghiamo. Qualche giorno fa, di ritorno da una visita in Bosnia, il pontefice, intrattenendosi con alcuni giornalisti, sull'aereo, ha lanciato affermazioni che, per alcuni sono state un pugno allo stomaco, quando in verità si tratta, in ultima analisi di un richiamo. Le frasi incriminate sono le seguenti: "La chiesa non ha bisogno di veggenti e neanche di messaggi alle quattro del pomeriggio." "Non affogate la fede in un religione soft" un richiamo non tanto velato al "caso" Medjugorje cui la Chiesa nonostante alcuni anni passati nello studiare accuratamente il caso, non si è pronunciata. Le frasi di Bergoglio hanno, giustamente scatenato una diatriba tra  feroci denigratori dell'ultima sede mariana, e convinti sostenitori, oltre che un ginepraio di vuote parole e opinionisti parolai.
Leggendo attentamente le frasi del pontefice, non si trova nulla di strano, ne di scandaloso, dichiarando che alla Chiesa non servono, per esistere, veggenti, che in realtà, quando riconosciuti come tali, sono solo mero strumento per diffondere il messaggio. Forse più discutibile potrebbe essere la frase sui messaggi inviati alle quattro del pomeriggio.
Non è un mistero che la principale "veggente" di Medjugorje si presenti puntualmente ogni due di gni mese per ricevere presunti messaggi mariani. Ovviamente per chi si sofferma sul fatto delle coincidenze, si potrebbe obiettare che, nel passato non tanto remoto, i veggenti ricevevano i messaggi con una certa puntualità e quasi sempre allo stesso posto e che, i messaggi, analizzandoli, non pare essere cambiati di una virgola.
Per chi invece ragiona più profondamente, il Papa richiama il "gregge" nel non badare e nel non dare importanza a quando e dove il messaggio viene comunicato, ma alla sua natura, al suo significato profondo.
Le frasi del pontefice hanno siscitato reazioni da parte di convinti sostenitori della località bosniaca, come l'ex presentatore e inviato Paolo Brosio che ha affermato che a Medjugorje si sono compiuti e si compiono, quasi quotidianamente, eventi inspiegabili come guarigioni da malattie impossibili, conversioni e su come nella località i fedeli recitino devotamente preghiere, compiono digiuni, pregano il rosario etc. Ci mancherebbe altro, verrebbe da dire, le parole del papa non si riferivano al comportamento tenuto all'interno della località su cui la Chiesa esita a esporsi ufficialmente, quanto al richiamno stesso al fedele nel non cadere nel materialismo del come e del quando viene comunicato il messaggio.

Siccome i media non contenti di scribacchiare stupidaggini sono alla ricerca di frasi ad effetto, pare abbiano trovato (epurando parte del contenuto intrinseco) l'Uomo della Provvidenza. Nuova dichiarazione del papa: "La chiesa è pronta a fissare una data comune per la celebrazione della Pasqua". Apriti cielo. I media ignoranti pompano la notizia facendola passare per una svolta epocale, l'eco dell'ignoranza raggiunge l'acme, un punto di non ritorno, uno squallido nirvana.
Sembrerebbe che ortodossi e cattolici facciano apposta a non celebrare insieme la Pasqua per via dello scisma (a proposito, chi lo sa?) mai ricomposto cui pendevano su entrambi, fino al 1965, le scomuniche ufficiali comminate quasi mille anni prima.
In realtà le cose stanno diversamente, ma i media, strumento di lurido mercato, non si dilungano in spiegazioni perchè il prodotto (la notizia) non sarebbe appetibile sul mercato e resterebbe invenduta.
La Pasqua è una festa mobile fin dal primo Concilio di Nicea del IV secolo d.C. convocato dall'imperatore Costantino (l'uomo del "in hoc signo vinces" prima della battaglia di Ponte Milvio) in cui si stabili che fosse celebrata e festeggiata la prima settimana dopo il primo plenilunio dell'equinozio di primavera fissato il 21 marzo, dunque sarebbe un po' difficile rifare tutto da capo senza neanche convocare un Concilio apposito che metta d'accordo ortodossi e cattolici.
Punto secondo, la differenza nei tempi di celebrazione è molto più pratica: gli ortodossi hanno ancora in vigore il vecchio calendario giuliano, mentre i cattolici utilizzano dal 1584 il calendario Gregoriano. Il nome dell'attuale calendario deriva dal Papa Gregorio XIII che, con una squadra di scienziati, si rese conto che il calendario giuliano, per la sua conformità aveva accumulato dall'anno del suo utilizzo (46 a.C.) al 1584 un ritardo, nel fissare la date dell'equinozio di ben dieci giorni e che, dunque continuando  ad utilizzare, il vecchio calendario si sarebbe dovuta celebrare la Primavera e la pasqua in piena estate. Il nuovo pontefice corresse con gli studiosi matematici e astronomi,l'errore portando in avanti di dieci giorni il nuovo anno e abbandonando il vecchio calendario giuliano per quello, per l'appunto gregoriano.
Ciò influì ovviamente sui rispettivi tempi di celebrazione della Pasqua. Quello che è stata una affermazione di ottimismo si è trasformata in una svolta epocale, quando in realtà gli ostacoli da superare sono tutti in piedi. Basterà fissare una data comune per la riappacificazione e la riunione? saranno disposti gli ortodossi a passare al calendario gregoriano, magari mettendo da parte il non riconoscimento del primato petrino? E poi il papa come pensa di proseguire? Chi convincerà gli ortodossi sulla questione del filioque? E sulla Trasunstanziazione? Facile, far credere agli ignoranti di ogni ceto sociale che basta una affermazione per una svolta epocale, in relatà, le differenze sono tante e solo gli stupidi non se ne accorgono, come quanto spiegato sopra.
I tempi sono quelli che sono e il mercato, anjche quello giornalistico, ha deteriorato la qualità dell'informazione e del sapere per sposare il guadagno e il profitto.