mercoledì 9 luglio 2014

Un Nuovo Concilio?

Recentemente Papa Francesco ha monopolizzato l'attenzione dei mass media per il lancio a sorpresa di una scomunica verbale ai mafiosi, affermando che essi, per i loro atti criminali, sono da considerarsi fuori dalla comunità cristiana.
Il tema in questione è un altro, a mio avviso è arrivato il momento di fare un po' di pulizia sia all'interno della gerarchia ecclesiastica, sia tra i presunti fedeli. Il mondo secolare, sempre aggrappato alle evoluzione e ai cambiamenti di società, stili di vita, tradizioni e concetti di giustizia sociale, pare sia riuscito nell'impresa di contaminare anche la Chiesa cattolica che, con la scusa del dialogo e della linea morbida ha sperto le porte a un rilassamento dei costumi e al suo nemico numero uno, almeno sul piano secolare: il relativismo.
Sono pochi i veri fedeli che praticano quotidianamente gli insegnamenti del Vangelo e i precetti cattolici, la restante parte si reca a Messa per abitudine, per poi peccare più di prima anche grazie a moltissimi sacerdoti che vestono l'abito come lavoro più o meno retribuito che certamente non mostrano un esempio lampante, anche dal punto di vista della vita privata.
La domanda corrente e quanto mai attuale è questa: quale strada ha imboccato la Chiesa? Quale strada, se mai non ne ha imboccata nessuna, vuole intraprendere? Quali sono i valori indiscutibili? A tali domande non si può rispondere con una scomunica verbale e gettata lì ai mafiosi, cosa assai ridicola e molto discutibile, ma innanzitutto serve fermarsi un attimo, guardarsi attorno e prendere qualche dolorosa decisione.
Il dialogo con il mondo secolare forte dei suoi pseudo valori non significa in alcun modo barattare i propri a buon mercato, ma semmai chiarire che la Chiesa parte dal dialogo per affermare i suoi valori e i suoi principi e innanzitutto affermare definitivamente che, essere cattolici non significa esserlo perchè si crede passivamente agli insegnamente ricevuti, ne tantomeno esserlo sulla carta perchè lo si dichiara in qualche sondaggio.
La fede religiosa (questo deve essere il dovere della Chiesa) significa attuarne i precetti in maniera quotidiana e far capire che i valori attuati e insegnati dalla Chiesa sono in alcuni casi assai superiori a quelli propinati dal mondo secolare. Non si tratta di manifestare contro l'aborto e il divorzio e fare volantinaggio religioso-politico ma applicare i valori nel vivere comune.
Ovviamente è indispensabile, affinchè, si possa tornare, da parte della Chiesa a pretendere l'esercizio della fede e dei precetti, che essa assuma sembianze assai più credibili di quelle odierne, non necessariamente tornare a essere una roccaforte chiusa ermeticamente al mondo extravaticano, ma in grado di proporsi come una unica alternativa valida.
Innanzitutto è necessario convocare un Concilio solenne che prenda importantissime quanto delicatissime e gravi decisioni.
Basta con la linea morbida e il dialogo che porta a barattare e svendere valori e porsi qualche interrogativo per poi agire di conseguenza.
In primo luogo: la Chiesa condanna senza appello la pratica dell'aborto chirurgico e le altre forme anticoncezionali anche se esse impediscono la trasmissione di malattie infettive? Se la Scienza ha stabilito che il termine vita va applicato anche alle primissime forme di vita unicellulare, allora la pratica dell'aborto chirurgico per la Chiesa va considerato esclusivamente come un omicidio, quindo come un peccato mortale.
Alla donna abortista a cui va comunque lasciato la libertà di scelta, almeno sul piano secolare, dovrebbe essere vietata "ad interim" la somministrazione di tutti i sacramenti (comunione, confessione, eucarestia, ingresso in terreno consacrato e sepoltura fuori dal terreno consacrato) oltre a impedirle di battezzare i propri figli e a essi far ricevere il restante dei sacramenti fino a quando la donn a non mostra un edeguato pentimento e richiede di essere riammessa tra i fedeli e ricevere il resto dei sacramenti. Nei casi gravi si può arrivare alla scomunica e la Chiesa dovrebbe possedere un database di coloro che con il loro comportamento sono stati esclusi dalla comunità e far rispettarne l'allontanamento fino al pentimento con la richiesta davanti al Pointefice di essere riammessa.
Punto secondo: divorzio. La Chiesa condanna ancora la legge sul divorzio in quanto contraria al principio del "Ciò che Dio unisce, l'uomo non divida"? Esistono particolari situazioni in cui un matrimonio può essere sciolto da un ente ecclesiastico preposto? Se per la Chiesa il divorzio è un peccato mortale e se, in un Concilio serio si decida che esso porta il credente in aperto dissidio con la Chiesa esso va, solennemente condannato senza appello e i praticanti privati, come le donne abortiste dei sacramenti per se e per la famiglia di origine e per i figli avuti dal matrimonio fallito. A entrambi va vietato l'ingresso nelle Chiese, la partecipazione a ogni forma liturgica, la possibilità di confessarsi all'interno di luoghi consacrati e di ricevere l'assoluzione, di ricevere ancora meno la comunione e, se irridiccibili l'eucarestia e i sacramenti per i figli. Non solo, se la Chiesa condanna senza appello la pratica del divorzio per futili motivi (incompatibilità di carattere, aridità sentimentale, tradimenti etc.) allora altrettanto da condannare è la possibilità, concessa dal mondo secolare e dalle sue istituzioni, di contrarre nuove nozze, rendendo bigamo e meritevole di scomunica, il o la contraente con divieto perpetuo di ricevere l'eucarestia e la facoltà per il prete di applicare questa opzione.
Punto terzo: il ripristino dell'interdetto. Esso andrebbe applicato alle parrocchie e alle chiese al cui interno il prete o il rappresentantedella gerarchia ecclesiastica non applica con rigore e in maniera ferrea, le decisioni prese dal Concilio sopratutto in materia di divorzio e aborto). L'interdetto dovrebbe prevedere la chiusura a divinis della o delle chiese interessate, il divieto di celebrare messe e ogni genere di sacramenti fino alla sua possibile scensacrazione ufficiale e alla scomunica dell'ecclesiastico in questione.
Quello fin qui scritto non deve far pensare al sottoscritto come un fanatico cattolico ultramilitante, ma a una esplicita richiesta di chiarezza da parte della Chiesa che con un Concilio dovrebbe prendere decisioni in merito alle questioni sopra elencate sempre se si riconosce nella Chiesa che, nei secoli precedenti era militante e operativa nella salvezza delle anime anzichè nel barattare valori. Essere convinti che la Chiesa debba essere misurata con criteri e idee secolari è fuori luogo, tutto ciò che concerne la religione cattolica ha un suo e d esclusivo metro di giudizio e proprie leggi che molto spesso non combaciano con le idee erette nel secolo. La Chiesa dovrebbe fermarsi così come i suoi fedeli e capire finalmente che il cattolicesimo militante non è cantare slogan al papa di turno, ne tantomeno sventolare fazzoletti colorati o possedere e far benedire immaginette sacre, quanto piuttosto sforzarsi quotidianamente di applicare alla lettera, perchè convinti e saldi della propria fede gli insegnamenti e i precetti del cattolicesimo, senza tuttavia essere sordi, ciechi e muti e vivere nel mondo secolare la propria fede. La cosa più difficile per un cattolico è dimostrare di esserlo mentre è più facile gettare nel dimenticatoio i precetti religiosi per vivere a pino dei valori offerti dal mondo secolare e fari si che certi valori secolari siano utilizzati egoisticamente a proprio vantaggio o quando servono per tutelare i nostri interessi.